martedì 3 agosto 2010

Daghestan: l'inquieto paese delle montagne

DAGHESTAN: dal turco "dagh" e dal suffisso iranico "stan", toponimo che unito vuol dire "paese delle montagne". In questo lembo di terra, incastonato tra i rilievi del Caucaso e le sponde del Mar Caspio, si situa la più estesa e popolosa tra le Repubbliche della Russia Meridionale. Tra le città costiere e villaggi che durante l'inverno rimangono isolati per la neve vivono 2 milioni e mezzo di persone, ripartite in ben 35 etnie, che si possono raggruppare (anche se la generalizzazione spesso rappresenta un errore) nei gruppi Avaro-Ando-Dido, Darghino-Lak, Samuro, Turchi Azeri, i Tati iranofoni e gli "Ebrei delle montagne". Tra le diverse "specie" di questo sottobosco non sempre corre buon sangue, gli scontri sono stati e sono all'ordine del giorno, del resto parliamo di popoli dalla spiccata tradizione guerriera.


STORIA

Le prime cronache del Daghestan, in particolare i primi lasciti di popolazioni chiamate Degai o Ghelai, portano la firma del geografo greco Strabone. Influenzato dalla cultura persiana sasanide, il Daghestan e alcuni suoi esponenti di spicco furono chiamati Tabarsaran-shah (signori del Tabarsaran), riferendosi all'area che giace a Ovest della città di Derbent. Parzialmente cristianizzato intorno al V-VI secolo d.C., il Daghestan cadde nell'orbita arabo-musulmana in età omayyade ma una non trascurabile importanza ebbe anche il Giudaismo.

Questi territori, tra il XII e il XIV secolo fecero parte della Cosiddetta Orda mongola. Fu sotto Tamerlano che il paese conobbe una più accentuata islamizzazione ma fu sotto gli Ottomani che l'intera area caspica fece stabilmente parte della cosiddetta dar al-Islam, articolandosi nelle tre entità feudali dello Shāmkhālat Qāzī Qūmūq, dell'Ūsmiyat di Qaytāk e del Ma‘suūmat del Tabarsarān. L'area caspica fu contesa dai russi agli Ottomani per lungo tempo, a partire dalla conquista russa di Astrakhan ma fu solo nel XIX secolo che i Russi riuscirono ad avere partita vinta. Pietro il Grande aveva inviato, già nel 1722 una spedizione armata che s'era impadronita di Derbend e due anni dopo, in un Trattato, gli Ottomani riconobbero alla Russia i possessi guadagnati. Una parte del Daghestan (la meridionale) fu ceduta prima nel 1732 e poi nel 1735 dai a Nadir Shah, creatore di un ricostituito impero persiano. Qualche decennio dopo tuttavia la Russia agì con forza per riportare sotto il proprio controllo l'area. Nel 1796 Derbend fu di nuovo occupata sotto il regno di Caterina II ma una definitiva conquista fu possibile solo nel 1806 e la situazione fu sanzionata dai Persiani con la pace del Golestan.

La Russia riuscì con difficoltà a mantenersi nel Daghestan anche nel corso del movimento popolar-religioso guidato dal musulmano Ghazi Muhammad (chiamato dai Russi "Qāzī Mulla"), sconfitto solo nel 1832. Suo figlio Hamza Beg e, dopo di lui, Shāmil proseguirono la rivolta e per un quarto di secolo le montagne del Daghestan, unificate nell'Imamato del Caucaso, furono pressoché precluse alle forze russe. Dopo la resa di Shāmil al principe Baryatinski (1859) il Daghestan partecipò alle ostilità russo-ottomane del 1877, data dopo la quale non si ebbero ulteriori mutamenti fino al 1917. Una Repubblica Socialista Sovietica autonoma fu insediata nel 1920 e il Daghestan, dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica, ha mantenuto i suoi legami con la neo-nata Federazione Russa, venendo però progressivamente coinvolta nei fermenti "fondamentalistici islamici" che hanno trovato la loro principale base nella confinante Cecenia.

Oggi quest'area rappresenta il focolare più esteso e pericoloso della codiddetta jihad islamica promossa da Dokku Umarov, guerrigliero autoproclamatosi Emiro del Caucaso, e intenzionato a creare tra le repubbliche etniche di queste montagne un fronte comune contro quello che viene ritenuto l'invasore russo. La religione musulmana e la sua variante estremista oggi rappresentano per queste genti , in particolare le nuove generazioni, l'unica arma da frapporre al regime di terrore e soprusi avallato da Mosca. Di fatto nella capitale e lungo la striscia di confine vige uno stato di perenne tensione: uccisioni, torture, rapimenti, arresti di massa, vendette, violazioni dei diritti civili, attacchi kamikaze offrono ogni giorno inchiostro per giornali e agenzie di stampa. Una situazione caotica, dove l'odio, la frustrazione e il sentimento di rivalsa sono resi ancor più evidenti da un contesto di corruzione dilagante, disoccupazione, e assenza di un efficace sistema giudiziario.

Da un piccolo borgo arroccato tra i monti, Bakamany, sono partite le donne autrici dell'attacco kamikaze alla metropolitana di Mosca, costata la vita a 40 persone.



CITTA' PRINCIPALI

MAHACHKALA: La capitale conta 460 mila abitanti. E' situata sulle rive del Mar Caspio, a metà strada tra le città di Baku, in Azerbaijan, e Astrakhan, alle foci del Volga. Deve il suo nome a un rivoluzionario bolscevico, Magomed Alì-Dakhadaev, soprannominato Makhac.

DERBENT: Città antichissime, si stima che i primi insediamenti risalgano al VIII secolo a.C.. Il maggiore sviluppo arrivò nel V secolo ad opera dei persiani della dinastia Sasanide, che le diedero l'attuale nome persiano di Darband che significa porta chiusa. Oggi conta circa 100 mila abitanti e conserva intatti testimonianze architettoniche del suo lungo passato.


CURIOSITA'

Il variegato panorama etnico dei popoli daghestani si manifesta attraverso costumi, rituale, danze e musiche tradizionali. Nel 1958 è stato creato il Complesso statale accademico di danza Lezghinka, capace di raccogliere consensi e riconoscimenti dentro e fuori i confini della Russia.
Adesso il colletivo è composto da 90 artisti. Il repertorio è costituito da 100 danze popolari del Daghestan, del Caucaso e della Russia. A novembre del 1999 il complesso è diventato vincitore del Festival Pace al Caucaso, e dall’inzio della guerra nel Caucaso del Nord il collettivo ha eseguito 73 rappresentazioni in prima linea per i militari delle Forze federali, per i volontari del Daghestan, esibendosi anche in numerosi ospedali per dare conforto ai feriti.
Cl.Ri





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