giovedì 16 dicembre 2010

Preoccupante avanza l'odio tra le etnie

Violenza, tensione, esasperazione. Il mese di dicembre conferma il trend in vigore dall'inizio dell'anno, con un Caucaso afflitto dalle logiche del terrore, e un governo centrale che nonostante le rassicurazioni di facciata mostra evidenti difficoltà nello spegnere i focolai di resistenza. Le agenzie continuano a registrare omicidi e spedizioni punitive, scene di guerra civile, rappresaglie militari del Cremlino: ma non finisce qui, c'è infatti da considerare, sempre più forte, e sempre più preoccupante, l'elemento xenofobo. I caucasici musulmani e jihaidisti contro l'occupante russo, i russi contro gli immigrati di origine caucasica che "infestano" la capitale Mosca e le altre grandi città al di qua degli Urali.


Uno scenario preoccupante, dilagante, poco controllabile. Basti prendere in considerazione la reazione suscitata dai nazionalisti in risposta all'uccisione di un tifoso, russo, da parte di un caucasico. Scene e numeri da gueriglia urbana che non lasciano ben sperare, fanno solo temere un escalation negativa per il futuro. Una domanda sorge spontanea: tra quanti giorni dovremo registrare un nuovo, cruento episodio?

Di seguito ecco una rassegna dei principali lanci d'agenzia degli ultimi giorni.



16 DICEMBRE - ASIANEWS – Da quattro giorni Mosca vive un’escalation di violenza che vede protagonisti gli ultranazionalisti e xenofobi legati al tifo calcistico e gruppi organizzati di immigrati dal Caucaso. Ieri, in una maxiretata della polizia in occasione di una manifestazione annunciata dai tifosi, sono state arrestate circa 1300 persone, la maggior parte delle quali immigrati con cui gli estremisti avevano già iniziato a scontrarsi.

Il capo della polizia cittadina, Viktor Biryukov, ha fatto sapere che i suoi agenti hanno sequestrato coltelli, bastoni e altre armi da trauma. Intorno alla stazione di Kiev in cui si era radunata la manifestazione xenofoba e gli immigrati impegnati nella contro protesta, si sono concentrati oltre 3mila agenti in assetto antisommossa. “Caucasici a casa” e “La Russia per i russi” erano alcuni degli slogan esposti e urlati dai manifestanti.

A innescare la violenza è stata la morte di un tifoso dello Spartak, in una rissa con un caucasico, lo scorso 11 dicembre. Subito dopo l’uccisione del giovane tifoso sono iniziate a circolare in rete e sui media voci e segnalazioni per l’arrivo nella capitale di gruppi di caucasici pronti a rispondere alle provocazioni degli hooligan dello Spartak. Che a loro volta erano già scesi in strada urlando cori razzisti. La reazione dei “compagni” del ragazzo ucciso è stata infatti di stampo nazionalista, con una prima e violenta manifestazione sfociata nel fine settimana in una vera e propria guerriglia urbana sotto le mura del Cremlino e terminata con un bilancio di oltre 30 feriti e una settantina di “fermi”. Da allora Mosca vive praticamente uno stato di assedio, col centro chiuso e pattugliato da polizia in tenuta antisommossa, pronta a intervenire in caso di nuovi episodi.

L'allarme xenofobo ha registrato, il 13 dicembre, anche aggressioni da parte di bande di giovani nei confronti di immigrati caucasici e la morte, per accoltellamento, di un daghestano che era stato prima brutalmente picchiato.

Il livello di allerta ha portato alla mobilitazione anche gli esponenti della comunità religiose. Il capo del consiglio dei mufti Ravil Gainutdin ha messo in guardia sul rischio di una deriva “anti-caucasica e anti-islamica della società russa”. “La Russia non diventi un’arena di una strage tra le etnie”. E ha invitato “la gioventù, prima di tutte quella mussulmana, a non rispondere alle provocazioni. Non uscite da casa” è stato il suo appello.

Anche la Chiesa russo-ortodssa ha preso posizione sulla “situazione preoccupate” dei rapporti interetnici. Il capo del Dipartimento per i rapporti tra Chiesa e società del Patriarcato di Mosca, l’arciprete Vsevolod Chaplin, ha chiesto alle autorità di espatriare gli immigrati responsabili e alla popolazione locale ha chiesto di dialogare sulla base di comune regole di compritamento.



16 DICEMBRE – APCOM - Un commando di killer ha ucciso ieri sera a Nachik il muftì islamico della repubblica di Kabardino-Balkaria, Anas Pshikhachev. Un assassinio che gli inquirenti hanno immediatamente attribuito ad ambienti radicali islamici e che arriva sullo sfondo di tensioni senza precedenti, a Mosca, tra immigrati di origine caucasica e nazionalisti. Il leader religioso, a capo della Commissione islamica della repubblica russa nel Caucaso settentrionale, aveva espresso critiche nei confronti dell'Islam più radicale, ricordate oggi anche dal presidente russo Dmitri Medvedev. Lo scrive l'agenzia di stampa Interfax.

L'assassinio è avvenuto a Nalchik, il capoluogo della Balkaria, nella serata di ieri. Due uomini hanno chiesto al presidente della Commissione islamica di venire fuori dalla sua casa, secondo quanto ha riferito il Comitato investigativo, e hanno sparato almeno quattro colpi di pistola. Il religioso quarantasettenne è rimasto ferito, per poi morire a causa delle ferite riportate.

Il presidente russo Dmitri Medvedev ha definito il muftì "una prominente figura religiosa di autorità indubitabile che s'è apertamente opposta all'estremismo", secondo quanto ha riferito la portavoce del Cremlino Natalya Timakova. "Continueremo - ha aggiunto Medvedev - a sostenere i musulmani in Kabardino-Balkaria e io sono certo che gli assassini verranno puniti".



6 DICEMBRE - ANSA - Otto persone, tra cui un bambino di 9 anni, sono rimaste uccise in un'operazione anti terrorismo nella provincia del Daghestan, vicino a Chechnya. Lo rende noto un portavoce del ministero degli Interni della repubblica del Caucaso del nord. Nel blitz sono rimasti uccisi sei sospetti militanti islamici e uno dei poliziotti impegnati nell'operazione mentre il bambino e' stato colpito accidentalmente da una pallottola nel corso dello scontro a fuoco. Ferito anche un pompiere.


Cl. Ri.

Tensioni, contraddizioni, antichi retaggi, seguendo l'odore dorato del petrolio

Consigli per la lettura. Dal sito web "Il reporter" ecco la recensione di un volume che racconta secondo un'interessante prospettiva la realtà odierna, confusa e travagliata, della terra caucasica: si intitola SETA NERA, scritto da Rafael Dezcallar, edito da Fbe Edizioni.


Seta Nera non è solo un libro. E’ un viaggio fisico e mentale in una zona del pianeta remota, non tanto per una mera questione di distanza, ma per cultura, tradizione, storia.

Questa è la storia di un mondo, quello delle ex repubbliche sovietiche a cui, solo di recente, è stata concessa la libertà, la democrazia. Giovani Stati che, come bambini privi di guida, sono disorientati e cercano di recuperare il proprio senso di appartenenza, la propria individualità come nazione. Ancorati in mezzo a due mondi, quello del passato, ingombrante come l’Urss e quello del futuro incerto.

Lo scrittore, Rafael Dezcallar, viaggiatore, diplomatico, attraverso le sue parole ci mostra una realtà a lui ben nota ed è proprio grazie a tale conoscenza che ogni dettaglio, ogni sfumatura della narrazione è realistica, concreta.

Partendo dal Belgio, si giunge sino a Baku, in Azerbaigian, terra che serba nel proprio sottosuolo immense ricchezze petrolifere, scenario di lotte di potere politico, corrotto, malsano, nepotistico nascoste da una facciata, non troppo curata, di perbenismo che vuole mostrare un cambiamento rispetto al passato sovietico, ma che in realtà ne conserva, fin troppo, gli aspetti preponderanti.

Nulla è cambiato, i metodi repressivi del KGB, gli omicidi, lo spionaggio, la guerriglia civile interna, i dissapori con i paesi confinanti, le diatribe tra Stati asiatici dovute al possesso dei territori e, sullo sfondo gli interessi dell’Occidente a sfruttare le risorse della zona, l’oro nero, da sempre ambito dall’Europa e, soprattutto dagli Stati Uniti.

Un racconto avvincente, moderno, chiaro che appassiona per la scrittura semplice, efficace, per i suoi personaggi che danno forza e coerenza al libro. Juan, giovane ingegnere spagnolo, trasferito nel Caucaso per lavoro, viene catturato dalle atmosfere azere che calamitano ogni fibra del suo essere verso un popolo eterogeneo, composto da volti e colori diversi, generato da quel caleidoscopio di razze che era l’Urss.

La Cecenia, il Nagorno-Karabakh, encalve armena in Azerbaigian, Mosca, Baku, l’Armenia, il Kazakistan, l’intero Caucaso è nelle pagine di “Seta Nera”, tramite piccoli dettagli come la sua tipica cucina, la vodka, la descrizione dei luoghi e la complessità della sua geografia politica post-sovietica.

Questa è una storia di spionaggio internazionale, ma anche di viaggio, d’amore e di guerra fredda. E’ quasi come se ogni paese del Caucaso, non fosse solo l’ambientazione, ma un altro protagonista che racconta di sé, si presenta per confermare al lettore la propria esistenza.



Cl.Ri