martedì 22 marzo 2011

Anche in Armenia si teme per il rischio nucleare

Centrali nucleari e rischi di catastrofe: ieri Chernobyl, oggi Fukushima…e domani? La risposta – piuttosto preoccupante – all’interrogativo potrebbe esser suggerita dal seguente articolo, estratto da greenreport.it.

Un’esposizione che fa meditare sui rischi inutili cui si espone troppo spesso l’uomo, vincolato nelle sue azioni da interessi economici e geo-politici che a volte, spesso, non collimano con le condizioni dell’ambiente, con le forze di madre natura. Che quando viene sfidata, reagisce. Spesso in maniera apocalittica.

Di seguito ecco alcuni estratti del post.


Nel Caucaso la tragedia nucleare di Fukushima ha riportato alla luce il fantasma nucleare dimenticato di Metsamor (Oktemberyan o Medzamor) e si intreccia con antiche e sanguinose rivalità etniche e geopolitiche che dividono una delle aree più sismiche del pianeta. […]


La prima e per ora unica centrale nucleare armena (400 MW ) è stata costruita nel 1976 a 30 km da Erevan, in una zona sismica. Progettata dai sovietici per restare in vita fino al 2001, dopo 10 anni dal termine della sua vita ufficiale, resterà in servizio fino al 2017 perché fornisce il 40% (i turchi e gli azeri dicono l'80%) dell'elettricità dell'Armenia. L'impianto è gestito dal 2003 dalla società russa Inter Rao Ues, come parte di un accordo per pagare il debito estero dell'Armenia. Anche un esperto di nucleare azero, Adil Garibov, attacca gli armeni e i russi : «La centrale costituisce una minaccia per tutta la regione ed i Paesi interessati devono chiederne la chiusura con una voce sola».


Nonostante i sentimenti antiarmeni è difficile dare torto a turchi ed azeri, anche per gli esperti. Metsamor, basata sulla tecnologia nucleare di prima generazione, situata in una zona sismicamente attivissima, rappresenta una grande minaccia per l'Armenia e i paesi vicini. Dopo il devastante terremoto che ha colpito l'Armenia nel 1988, che fece 50 mila morti, il governo sovietico di Erevan decise di chiudere Metsamor ma poi la crisi economica e la carenza di energia hanno costretto l'Armenia indipendente (e in guerra con l'Azerbaigian petrolifero) a riavviare la centrale 1993. Anche Hakob Sanasaryan, di Green union of Armenia, dice fin dal 2003 che Metsamor non rispetta i nuclear safety standards internazionali, visto che non ha un "guscio" di contenimento protettivo»


«Le esplosioni avvenute nelle centrali nucleari in Giappone, dovrebbero servire da lezione a tutti, e la comunità mondiale deve riflettere su quali conseguenze potrebbero derivare in Armenia da un terremoto di magnitudo di almeno 7 punti». Queste le parole di Sinan Oran, direttore del Centro turco per le relazioni internazionali e l'analisi strategica (Turksam) e presidente del Società della comunità turco-azera. «In Giappone – prosegue il responsabile di Ankara - una centrale nucleare viene costruita sulla base di tecnologia nucleare di terza generazione, mentre la centrale nucleare di Metsamor è stata costruita secondo la tecnologia nucleare di prima generazione, e questo aggiunge un particolare pericolo per la regione. Considerato il fatto che l'Armenia è uno Stato non democratico, la popolazione del Paese non può protestare contro il funzionamento di questo impianto».


Tűrksam dice di aver fatto delle ricerche nella regione di confine con l'Armenia, nelle province di Igdir, Kars e Ardahan e nel sud-est dell'Anatolia, che evidenziano la presenza di vaste aree di erba secca, malattie negli animali e negli uomini, una forte incidenza (in crescita) di cancro e di bambini malformati alla nascita o nati morti e di morti infantili. «Un incidente nella centrale di Metsamor avrebbe anche gravi conseguenze su chi vive in Azerbaijan, Iran, Nakhichevan, e Georgia, nonché sulla migrazione della popolazione che potrebbe essere un disastro per il popolo armeno».


La centrale di Metsamor potrebbe subire in ogni momento un terremoto come quello del 1988 che ne provocò la temporanea e prolungata chiusura. Con un terremoto di magnitudo 9 come quello del Giappone, la centrale di Metsamor, che sorge su una linea di faglia, verrebbe completamente rasa al suolo. I turchi, gli azeri e i georgiani temono una nuove e ancora più incontrollabile Chernobyl alle porte di casa. […] Nel 1999 l'Armenia e l'Ue firmarono un accordo per la chiusura entro il 2004 della centrale e che l'Armenia del 2001 al 2004 lavorò insieme al Consiglio d'Europa per chiudere l'impianto e che nel 2007 accettarono un accordo con Usa ed Ue per la chiusura della centrale. Il 29 novembre 2007 il governo armeno approvò un piano per chiudere la centrale nucleare, ma senza nessuna data specifica. Secondo il ministro dell'energia la chiusura potrebbe costare fino a 280 milioni di dollari. […]


Gli armeni dicono che non possono chiudere la centrale di Metsamor se non terminerà l'embargo energetico, se non arriverà in Armenia il gasdotto dall'Iran e se Azerbaigian e Turchia non apriranno i loro confini. I turchi definiscono questa posizione «Un elemento di ricatto con l'Armenia che su Metsamor presenta condizioni non hanno nulla a che fare con la centrale».


lunedì 24 gennaio 2011

L'aeroporto si colora di sangue, nuova strage dei terroristi a Mosca


Ancora una volta sono qui per raccontare un bollettino di morte. Questa volta, però, le proporzioni sono da vera e propria strage, in quella città, Mosca, che sembrava aver trovato pace dopo lo shock delle esplosioni kamikaze accadute in metropolitana, nel marzo dello scorso anno. Una calma invece solo apparente, interrotta in un giorno gelido di gennaio da un violento boato, che ha provocato non meno di 35 morti e 140 feriti. Un bilancio destinato, tuttavia, ad essere aggiornato.


I terroristi islamici – ceceni, forse del Daghestan, forse arabi, forse anche appoggiati dalla rete di Al Qaeda – hanno deciso di puntare dritto ad un altro punto vitale della capitale, l’aeroporto Domodedovo, il più trafficato tra gli scali dell’area, dunque bersaglio appetibile per i disegni assassini dei fanatici del Caucaso. Decisi a vendicare le torture, le morti e le sparizioni che quotidianamente, e nel più bieco silenzio, colpiscono i familiari, i cosiddetti “ribelli”. Così li catalogano le teste di cuoio russe, braccio armato di un governo che per reagire alle disobbedienze del volgo ha scelto la strada della repressione, abusando molte volte del proprio potere. Molte volte in sfregio, purtroppo, dei diritti umani fondamentali.

Ma c’è, forse, molto probabilmente, anche dell’altro. C’è una propaganda filo-islamista, un fondamentalismo che sospinto dai venti del Medio Oriente non fa fatica ad attecchire sulle menti di popolazioni povere, senza futuro, e avverse storicamente all’occupante russo.

L’estremismo religioso si mescola con le richieste indipendentiste, soffiato dalle autorità religiose che invitano a rinverdire i fasti dell’Emirato del Caucaso. Un ipotesi di ritorno al passato piuttosto velleitaria, sospinta da interpretazioni storiche discutibili e tendenziose. Un messaggio “revanchista” tuttavia sufficiente per raccogliere entusiasmi e reclutare centinaia di aspiranti suicidi, decisi a sacrificar la loro vita pur di liberare le genti di queste tumultuose montagne dall’invasore. La madre Russia, dal canto suo, non ha intenzione di mollare la presa: l’impressione è che dopo la strage le maglie del controllo si stringeranno ulteriormente, il che non farebbe che complicare gli equilibri nello scacchiere caucasico.

Cl.Ri.

mercoledì 12 gennaio 2011

Un cancro di nome fondamentalismo

NEWS FROM CAUCASUS: KABARDINO-BALKARIA


Ecco dove possono condurre i germi del fondamentalismo islamico, maschera e veicolo di rimostranze, tensioni e problemi che con la religione hanno poco a che fare. Soprattutto in una regione - il Caucaso - storicamente a maggioranza musulmana, ma storicamente anche propenso alla sua matrice laica.


FONTE: TMNEWS

Kabardino-Balkaria. Si tratta, assieme al Daghestan, di una delle due più pericolose repubbliche del Caucaso settentrionale, secondo quanto ha affermato a fine anno il ministro degli Interni russo Rashid Nurgaliev.

In particolare, in quest'area, la situazione sembra essere precipitata dopo l'uccisione a marzo 2010 di Anzor Astemirov, il principale ideologo dell'Emirato del Caucaso guidato da Dokka Umarov.


Da allora è stata un'esclation. I militanti islamici hanno colpito diversi "luoghi di perdizione" - come night club, locali di spogliarello e case di prostituzione - e diversi esponenti di alto profilo, tra cui il muftì Psikhachev e Tsipinov. Lo scopo: atterrire, terrorizzare la popolazione, dimostrare che l'amministrazione della repubblica, guidata dal presidente Arsen Kanokov non è in grado di tenere in mano la situazione.


Al di là della strategia, i fondamentalisti avevano anche specifici motivi di odio nei confronti dell'etnologo. Lo studioso era molto impegnato nel tentativo di far rivivere le tradizioni nazionali e il folklore circasso. In quest'opera, tuttavia, assegnava un ruolo assolutamente marginale all'Islam. Da qui l'accusa di "paganesimo" e la condanna da parte della corte della Sharia che, secondo Eurasia Daily Monitor, sarebbe alla base dell'uccisione dello studioso.

Cl.Ri

giovedì 6 gennaio 2011

Kavkaz Fight Club - Volume II

Bambini, giovani e adulti: uno contro l'altro, mossi da calci e pugni, colpi leciti e colpi bassi, violenza ai limiti della rabbia primordiale. Contro l'avversario, contro una vita difficile e senza vie d'uscita, contro un sistema corrotto e avvelenato. Forse anche un po' per noia. Il tutto mischiato alla tradizione guerriera degli avi, guerrieri delle montagne dallo spirito indomito, come le aquile e i lupi rappresentati sulle bandiere e gli slogan indipendentisti. Anche questo è il Caucaso, una terra dove lo scontro e la ferocia sono le regole del quotidiano.

Dopo il primo lancio sul blog, ecco una seconda clip estratta direttamente da Youtube. Ai lettori il commento.

Cl.Ri.

lunedì 3 gennaio 2011

Anche nel Caucaso bruciano le chiese cristiane

MOSCA, 3 GENNAIO - Una chiesa ortodossa e' stata incendiata la scorsa notte nella regione a maggioranza musulmana dell'Inguscezia, che confina con la Cecenia, nel nord del turbolento Caucaso russo. Non ci sono vittime. L'attentato e' stato compiuto nella cittadina di Ordzhonikidze, dove un razzo rpg e stato sparato contro il tetto della chiesa.



NUMERI PREOCCUPANTI...


Oltre 400 persone sono state vittime di aggressioni di matrice razzista in Russia nel 2010 e di queste 37 sono state uccise, riferisce ad Interfax il Centro Sova Diritti Umani. I numeri forniti da questa organizzazione che monitora i casi di xenofobia e razzismo confermano l'emergenza balzata alla ribalta delle cronache internazionali a metà dicembre, quando gruppi di ultranazionalisti hanno invaso la centralissima Piazza del Maneggio a Mosca e nella capitale è scoppiata un'ondata di disordini e attacchi su base etnica.


"Due persone sono state uccise e non meno di 68 sono rimaste ferite negli attacchi razzisti e neo-nazisti di dicembre", dettaglia una fonte del centro Sova, precisando che da Mosca le violenze si sono propagate poi in altre città, come Pietroburgo, Krasnodar, Nizhny Novgorod e Rostov-sul-Don. La capitale mantiene tuttavia il triste primato delle violenze su base etnica: 19 morti e 174 feriti nel 2010. Il bersaglio preferito dai gruppi radicali sono gli immigrati dall'Asia centrale e dal Caucaso, sottolinea l'organizzazione per i diritti fondamentali.



Cl.Ri.