lunedì 24 gennaio 2011

L'aeroporto si colora di sangue, nuova strage dei terroristi a Mosca


Ancora una volta sono qui per raccontare un bollettino di morte. Questa volta, però, le proporzioni sono da vera e propria strage, in quella città, Mosca, che sembrava aver trovato pace dopo lo shock delle esplosioni kamikaze accadute in metropolitana, nel marzo dello scorso anno. Una calma invece solo apparente, interrotta in un giorno gelido di gennaio da un violento boato, che ha provocato non meno di 35 morti e 140 feriti. Un bilancio destinato, tuttavia, ad essere aggiornato.


I terroristi islamici – ceceni, forse del Daghestan, forse arabi, forse anche appoggiati dalla rete di Al Qaeda – hanno deciso di puntare dritto ad un altro punto vitale della capitale, l’aeroporto Domodedovo, il più trafficato tra gli scali dell’area, dunque bersaglio appetibile per i disegni assassini dei fanatici del Caucaso. Decisi a vendicare le torture, le morti e le sparizioni che quotidianamente, e nel più bieco silenzio, colpiscono i familiari, i cosiddetti “ribelli”. Così li catalogano le teste di cuoio russe, braccio armato di un governo che per reagire alle disobbedienze del volgo ha scelto la strada della repressione, abusando molte volte del proprio potere. Molte volte in sfregio, purtroppo, dei diritti umani fondamentali.

Ma c’è, forse, molto probabilmente, anche dell’altro. C’è una propaganda filo-islamista, un fondamentalismo che sospinto dai venti del Medio Oriente non fa fatica ad attecchire sulle menti di popolazioni povere, senza futuro, e avverse storicamente all’occupante russo.

L’estremismo religioso si mescola con le richieste indipendentiste, soffiato dalle autorità religiose che invitano a rinverdire i fasti dell’Emirato del Caucaso. Un ipotesi di ritorno al passato piuttosto velleitaria, sospinta da interpretazioni storiche discutibili e tendenziose. Un messaggio “revanchista” tuttavia sufficiente per raccogliere entusiasmi e reclutare centinaia di aspiranti suicidi, decisi a sacrificar la loro vita pur di liberare le genti di queste tumultuose montagne dall’invasore. La madre Russia, dal canto suo, non ha intenzione di mollare la presa: l’impressione è che dopo la strage le maglie del controllo si stringeranno ulteriormente, il che non farebbe che complicare gli equilibri nello scacchiere caucasico.

Cl.Ri.

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