giovedì 13 maggio 2010

Al confine tra Cristianesimo e Islam



Spartiacque fisico e soprattutto culturale tra Europa e Asia, il Caucaso riflette questa sua caratteristica anche a livello di pratiche religiose. Lungo questa lingua di montagne, il Cristianesimo e l'Islam vivono da sempre fianco a fianco: le invasioni che nel corso della storia hanno coinvolto l'area hanno determinato conversioni forzate e, a seguito dell'arrivo dei russi, persino la deportazione di massa di intere popolazioni.

Oggi la cartina di tornasole è estremamente variegata: in alcuni stati indipendenti sopravvivono le dottrine del cristianesimo antico, come in Georgia e in Armenia. In virtù della famosa diaspora, cristiani di rito armeno sono presenti anche nel cuore (la regione del Nagorno-Karabagh) di uno stato a netta prevalenza islamica, l'Azerbaigian. Una convivenza, possiamo dire, sempre più ai ferri corti, sfociata negli anni '90 in una violenta guerra civile i cui focolai sono ancora lontani dallo spegnersi.

Medesima situazione, ma a ruoli invertiti, la ritroviamo sulle coste del Mar Nero, in Abkhazia e Ossezia del Sud, regioni a maggioranza musulmana che hanno pagato con le bombe e l'isolamento la richiesta di indipendenza dalla Georgia.
Guerra e alta tensione la fanno da padrone anche nelle Repubbliche autonome della Federazione russa. Presso i territori di quello che un tempo era l'Imamato del Caucaso (Adighezia, Cecenia, Inguscezia e Daghestan) la maggioranza delle persone prega nel nome di Allah, ma questo non è mai piaciuto ai russi, interessati al dominio totale in un'area cruciale per il controllo di cospicue risorse energetiche. Durante il regime, Mosca ha pensato di poter risolvere la situazione strappando le famiglie dalle loro case, per disperderle tra le Repubbliche dell'Asia Centrale. Ma ,con la fine dell'URSS, in molti hanno potuto far ritorno nelle terre di origine.
Dall'altra parte, gli osseti si sono convertiti, in Cabardino-Balkaria molti hanno invece scelto la via dell'agnosticismo.

Nelle zone di resistenza, la strategia è cambiata, facendosi più cruda e distruttiva. Di fronte alle spinte indipendentiste dei ceceni, il Cremlino ha risposto con le armi: ne sono scaturite le due, sanguinose guerre Cecene, combattute a cavallo tra gli anni '90 e 2000. MiddleLands non vuole essere terreno di politica, tuttavia è indubbio sottolineare come tra i caucasici l'odio contro l'invasore abbia ben presto assunto le vesti di un fondamentalismo religioso, sospinto probabilmente dalle forze occulte che operano nell'area del Medio Oriente.

Una prova importante, in tal senso, la foniscono le tecniche di attacco adottate dai ribelli di Grozny: attacchi kamikaze, simili in tutto e per tutto a quelli che quotidianamente si registrano in Israele, Iraq e Afghanistan. Con queste azioni i ceceni dimostrano la volontà di perseguire nella loro battaglia, nonostante la Cecenia oggi sia sotto il saldo controllo di Putin e Medvedev.

Negli ultimi mesi la tensione ha aperto tuttavia un nuovo fronte: il Daghestan, Repubblica autonoma che in 50 mila chilometri quadrati mette insieme 35 etnie differenti, unite contro i russi ma non proprio propense a sopportarsi. Insomma, la polveriera Caucaso sembra destinata per l'ennesima volta a scoppiare.

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